SPECIALE - "Come ti spavento?" PARTE 2 - Hide and Seek & Outlast

Nella prima parte di questo Speciale l'attenzione è stata focalizzata sul survival-horror in senso stretto così come creato, battezzato, ucciso e rifondato da Shinji Mikami.
Dead Space è stato preso a modello della naturale evoluzione del filone per così dire mikamiano, quale figlio diretto di Resident Evil 4, in una certa misura ricalibrato su istanze del vecchio e primogeno concetto di survival-horror, nonchè punteggiato quà e là di influenze da certe produzioni produzioni occidentali quali System Shock e Doom 3.


Oggi andremo a vedere la corrente di game design diametralmente opposta alla suddetta.
Sto parlando di quello che alcuni indicano come "hide and seek" survival horror, ossia una tipologia di gioco orrorifico in cui il Gamer, differentemente da quanto accade negli eredi più o meno diretti di RE, è costantemente, se non addirittura esclusivamente, chiamato a dribblare lo scontro col nemico.


L'idea alla base è essenziale quanto geniale: se limitando munizioni e risorse, impacciando le movenze dei protagonisti, inasprendo la difficoltà, centellinando i salvataggi, e infilando abomini un pò ovunque, è possibile porre il giocatore in una condizione di stress tale da esporlo più agevolmente alla paura, con quanta più efficacia detto obiettivo sarà raggiungibile mettendo il suddetto nei panni di un pg non addestrato al battagliare, sguarnito in toto o quasi di armi e con la sola opzione di scappare dai nemici ed occultarsi alla loro vista?

Difficile ricostruire con assoluta precisione i primi semi di questa scuola di game design considerata la mole di sperimentazioni condotte negli anni '90: tra progetti cancellati ed altri mai approdati in Occidente, è solo col brand Clock Tower di Capcom che inizia a diffondersi tra un più ampio pubblico di appassionati la cultura del hide and seek e con essa il masochistico piacere del vestire i panni dell'impotente avatar virtuale di turno per fuggire e trovare rifugio da terrorizzanti incubi ad occhi aperti.

Il concetto di hide and seek ha plasmato generazioni di videogiochi horror: da Haunting Ground, naturale prosieguo di Clock Tower, a Forbidden Siren, survival a tutto tondo con una predilezione per le meccaniche stealth; da Penumbra, vero e proprio traino per tutto un ciclo di indie-games, a Silent Hill: Shattered Memories, sperimentale capitolo della nota saga interamente weaponless.




E' noto come il survival horror non sia esattamente il genere più agevolmente vendibile alla massa, ed è altresì intuibile come questo suo peculiare sotto-ramo dal radicale indirizzo di design abbia sgomitato e faticato per garantirsi la sopravvivenza sul mercato.

Non sorprende come la scena su console sia pressocchè morente e come invece su PC, piattaforma dall'utenza mediamente più adulta, più avvezza a certe sperimentazioni, e soprattutto graziata da vagonate di indie-games, sia stato dato il La per una seconda era di hide and seek horror.

I più importanti artefici di questa rinascita, sono senz'altro i Frictional Games, padri di Penumbra, brand nel quale, di capitolo in capitolo, l'uso delle armi è stato via via bandito, fino a giungere col suo erede spirituale, Amnesia: The Dark Descent, ad un survival interamente weaponless.

Il consenso di critica e pubblico riscosso dai lavori del team, Amnesia in particolare, ha convinto tanti sviluppatori indipendenti ad insistere su questa strada, con risultati invero alterni.
Da una parte Lone Survivor soladizio perfetto tra un ipotetico grande Silent Hill 2D in pixel art e meccaniche stealth, nonchè a parere di chi vi scrive il miglior horror game dell'ultimo lustro; dall'altra le controverse uscite di questo 2013, Outlast e Amnesia: A Machine for Pigs, quest'ultimo sequel solamente prodotto dal team originale e sviluppato da The Chinese Room (Dear Esther) di cui più in là promettiamo di occuparci.

E' su Outlast, sviluppato dai Red Barrels (ex-sviluppatori di UbisoftNaughy Dog, Eidos, etc.), disponibile su PC dallo scorso settembre e prossimamente in arrivo su PS4 che quest'oggi si fermerà la nostra attenzione.
I motivi per farne una priorità nella scelta dei titoli trattati sono molteplici: stiamo innanzitutto parlando di un progetto indipendente sviluppato da veterani dell'industria, graziato da una realizzazione tecnica sontuosa e del tutto insolita per siffatte produzioni; trattasi inoltre di un'esperienza particolarmente pregna di violenza grafica, al punto che una giustificazione alla stessa mai come in questo caso pare assolutamente dovuta; infine portando avanti un più ampio discorso di game design, Outlast costituisce un modello esemplare per capire cosa deve e cosa non deve essere un Hide and Seek.

Come più o meno noto, Outlast è un survival con visuale in soggettiva in cui vestiamo i panni di un giornalista armato di sola videocamera con annesso faretto ad infrarossi per vedere al buio, videocamera che sovente sarà il nostro punto di osservazione sulla scena.
Vi viene in mente qualcosa?
Oulast è chiaramente un tentativo di tradurre in materia videoludica le intuizioni registiche di tutto quel filone cinematografico orrorifico noto come finto-documentario: da The Blair Witch Project a Cloverfield, da Paranormal Activity a Cannibal Holocaust, non c'è un passaggio di questa produzione che non abbia assimilato un qualche guizzo audio-visivo dai summenzionati lavori.
Ma più che a qualsiasi altro, Outlast vuole essere un omaggio visivo, concettuale, registico e in parte pure contenutistico a [REC].

La scelta base della tecnica narrativa di Outlast è indubbiamente azzeccata, il taglio registico opportuno, stesso dicasi per i filtri grafici atti a sporcare ed ovattare l'immagine.
I problemi irrompono quando la narrazione è da esaminarsi nel suo momento dinamico anzichè statico, quando cioè detti espedienti devono giocoforza relazionarsi ad ultronee scelte di game design che definiscono il gameplay e traducono il copione di Outlast in ludonarrativa.
E chiaramente oltre che sulla bontà espositiva v'è ancora da interrogarsi sulla qualità di quanto viene effettivamente raccontato.

Iniziamo col rispondere a quest'ultimo quesito.

Outlast racconta delle investigazioni del giornalista Miles Upshur nell'ospedale psichiatrico di Mount Massive, un luogo popolato da svitatissimi pazienti oggetto di esperimenti, con sangue, membra e membri perennemente in esposizione, dimorato da un dottore folle, un prete su cui nulla è bene anticipare, un'ostile ed opprimente presenza, foriero di intrighi e misteri che si dipanano attraverso l'esplorazione ed il rinvenimento dei consueti file di testo, il tutto calato in una messa in scena degli ambienti assolutamente d'eccezione che tanto giova alla sospensione dell'incredulità.

Outlast propone l'incontro tra scienza e metafisica, tra terapia e credo, tra disgregazione e rifondazione della vita; un ambizioso mosaico in cui a far da fil rouge è l'esasperazione della ritualità.
Ma con quali esiti?

Il Gamer non ha mai avuto particolari problemi a glorificare titoli come i Resident Evil pur nella piena consapevolezza delle cialtronate che questi raccontano; il problema si pone innanzi al tentativo di spostare l'asticella drasticamente verso l'alto, estremizzando la materia trattata e con la pretesa pure di inondare lo schermo con più violenza di quanta non se ne riesca normalmente a giustificare e contestualizzare.





Alla luce di un finale e dunque di una risoluzione del plot tra le peggiori che io ricordi dai tempi di Fahrenheit (non temete, il lavoraccio di Cage alla scrittura rimane fortunatamente impareggiato) non ho remore nel definire Outlast gratuito, volgare.
La discrepanza tra intento e risultato, tra quanto raccontano le immagini e quanto i testi, è così marcata da sfociare nell'involontariamente auto-caricaturale, o più semplicemente nel cattivo gusto.

Del resto, era illogico esigere di più da un lavoro che pare conoscere il solo espediente del jump scare per destabilizzare il giocatore.
L'uso ed abuso che il gioco fà di eventi scriptati, nei quali puntualmente qualcosa sbuca da dietro l'angolo dando inizio ad un QTE, è così reiterato per tutta la durata della disavventura che presto lo spavento cede il passo alla prevedibilità.
La smodata reiterazione di siffatti espedienti di game design è cosa grave in un horror nella misura in cui manchi a tenere banco una meccanica ludica complessa e dall'importante coefficente intrattenitivo.

Outlast di complessità, sfida e spessore non vuol sentirne parlare neppure per errore. Il gioco alterna passeggiate tutto sommato lineari in cui la contemplazione e l'aspettativa dell'imminente salto dalla sedia la fanno da padrone, a momenti in cui siamo chiamati ad evitare gli ostili che popolano il manicomio.
Non c'è una complessa mappa con cui relazionarci, non c'è un ambiente diramato ed articolato a far sentire il giocatore solo, piccolo ed insignificante in un labirinto del terrore. Outlast è un'autostrada punteggiata da stazioni di servizio presso cui recuperare i file di testo e le batterie necessarie a tenere in funzione il faro ad infrarossi della videocamera, fondamentale per progredire nelle sezioni al buio.

Si accennava a sezioni con nemici: da esperienza rigorosamente weaponless il gioco alterna due modelli, ossia sezioni di mera fuga dai letali inseguitori e la cui riuscita dipende dalla tempestiva osservazione del percorso, nonchè dal puntuale utilizzo delle meccaniche di salto/arrampicata (se avete presente Mirror's Edge...), a sezioni stealth in cui il giocatore deve aggirare i nemici fino al punto di uscita che condurrà alla prossima area oppure aprirsi un passaggio per la stessa perlustrando l'ambiente in furtività ed attivando taluni interruttori.
Purtroppo meccaniche di salto assolutamente piatte, con margine di controllo/azione pressoché nullo e spesso pure disattese da elementi ambientali non scavalcabili anche quando la vista suggerirebbe l'esatto contrario, vita autoricaricabile alla maniera degli FPS post-Halo, IA nemica fallata, safe zone nelle quali rifugiarsi senza che i nemici possano raggiungerci, abbondanza di batterie per la cam, sono tutti elementi che assottigliano lo spirito survival ed inaridiscono la sostanza ludica.
Ci sarebbe un ultroneo livello di difficoltà più punitivo e meno generoso di risorse, ma il fatto che si renda disponibile a percorsi e jump scares ormai noti lo rende in larga parte inutile.




La sensazione d'insieme restituita da Outlast è quella di un prodotto sostanzialmente finto e fondamentalmente di superficie in tutto ciò che propone, eppure è impossibile negargli certe capacità intrattenitive, vuoi per la più volte lodata messa in scena; vuoi per un pacing, sì non encomiabile per via di certe ridondanze già analizzate, ma tutto sommato sufficiente nel gestire l'alternanza di quel poco che di giocoso questa esperienza ha da offrire; vuoi per sporadiche sezioni che, pur nei limiti sopra analizzati, funzionano benone grazie all'occasionalmente riuscito incastro tra l'esigenza di attivare la cam, l'inquietitudine che la vista al buio attraverso la stessa restituisce, la frenetica ricerca della via di fuga in un percorso più attento a recepire istanze trial and error con la contestuale necessità di sbarrare il percorso agli inseguitori; vuoi per un sonoro sempre inappuntabile nel sottolineare ed esasperare ogni accadimento a schermo; vuoi infine per una durata complessiva del titolo contenuta (dalle 4 alle 6 ore) e che perciò non stressa il giocattolo per più tempo di quanto lo stesso possa reggere.

Outlast non è un'opera disprezzabile in senso assoluto ed anzi è forse al momento il titolo più raccomandabile ai neofiti del hide and seek che vogliano avvicinarsi al genere senza troppi patemi in termini di veracità dell'orrore allestito e di complessità meccanico-interattiva, ma per ovvie ragioni di risultato rimane un esperimento da non replicare, perlomeno non con questi gracili presupposti autoriali, non con questa pervasiva semplificazione, badate, non essenzialità che è cosa invece ben diversa ed in una certa misura anche apprezzabile in titoli con certi obiettivi di design (Shadow of the Colossus, Journey, ecc.).

Non un nuovo faro da seguire per il genere, ma certamente un'accettabile deviazione dal percorso non priva di intuizioni e qualche buon esito, in attesa, si spera, di nuovi e ben più validi esponenti.

-The Metaller-


Posta un commento

13 Commenti

  1. hide and seek non mi dispiace affatto. Aumenta ancora di più il senso di paura quando vedi un nemico.
    Con dentro delle meccaniche stealth ancora meglio. Siren è stato un ottimo esempio.
    Ma a parte questi elementi, la vera paura per me resta quello del suono. Dell'ignoto. Del classico balzo dalla sedia appena senti un rumore improvviso dietro di te.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Outlast potrebbe piacerti. Il suono è uno dei suoi punti di forza, direi quasi eccellenza non avessi Silent Hill quale metro di riferimento... E il balzo della sedia è il mezzo che usa di più... Anche troppo, ne abusa, fino alla prevedibilità :(

      Elimina
    2. Ho visto che faranno pure una versione ps4. Lo prenderò sicuramente.
      Come sempre PECCATO per la prima persona. Lo so che immerge maggiormente, ma la digerisco poco purtroppo. Sopratutto nei giochi lunghi.
      Però la longevità non sembra il suo forte quindi si può fare. Curioso anche di provare Amnesia. Me ne hanno parlato sempre benissimo. In prima anche questo, cristo XD

      Elimina
    3. Non ho commentato non avendo provato outlast, cosa che comunque prima o poi farò, intanto però posso parlare di Amnesia Dark Descent che ho già strafinito da tempo, e anche a me è davvero piaciuto molto, è un ottimo hide and seek per l' appunto, che a me ha coinvolto un sacco nell' atmosfera sicuramente malata psicologicamente, a me tutto il gioco ha dato l' impressione di un viaggio onirico, o meglio un incubo dall' inizio alla fine. Poi se, come dici, ti mettono paura i jump scares (trovarti un nemico a 2 metri dal palmo del naso e sperare che non ti noti essendo tu nascosto magari in un armadio) e il sonoro che in Amnesia è spesso disturbante fino al 'fastidio' .. beh sappi che è il gioco che fa per te. Aggiungerei che se non fosse stato in prima persona non penso che l' avrei apprezzato (e qui ti capisco che la prima persona ti ha fracassato perchè è ovunque ma ti garantisco che per come è strutturato Amnesia ha senso ed è azzeccata) e che ha le sue rotture e magagne (ad es io ricordo che gli acciarini non so perchè ma a fine gioco ne avevo in inventario una quantità spropositata, sintomo che poi tanto utili nel gameplay misa che non lo erano! ) però un senso di tensione costante e di paura che non cessa per lunghi periodi... a me l' ha messa. Oh la paura è soggettiva eh però secondo me Amnesia centra il suo obiettivo. Sicuramente comunque uscirà un articolo per Amnesia anche! Comunque non ti preoccupoare Metaller, molto onesto nel rettificare l'annuncio fatto di materiale entro 48 ore se non erro, l' importante è che il livello qualitativo sia sempre così alto e si può anche aspettare i giustissimi tempi tecnici!

      Elimina
  2. Colgo l'occasione per scusarmi del ritardo nella pubblicazione rispetto a quanto annunciato e del disguido tecnico per via del quale il post risulta attribuito all'account generico del blog piuttosto che a me.
    Ad ogni modo non ci saranno problemi di sorta nei post a venire per la gioia di tutti. ^^

    RispondiElimina
  3. ho pensato molto se commentare questa recensione o meno. Inizialmente commentata solo con un face palm e poi ripresa più tardi a mente più fredda. Faccio alcune doverose premesse:
    Sicuramente io e l'autore abbiamo gusti che definire agli antipodi e dir poco. Dopo lo "scherzo" con la promozione/ovazione di lost space 3, ops pardon dead space 3, questa bocciatura di Outlast mi lascia sorpreso e amareggiato.La mia esperienza con Outlast è stata completamente diversa.
    Dal punto di vista tecnico Outlast è un'ottima produzione, tira fuori i muscoli con effetti di luce convincenti e mai eccessivi con piccole chicche (passare sopra le pozze di sangue e vedere le impronte fino al completo asciugarsi delle suole non mi capitava da un pò).Alcuni modelli, magari sono un pò grezzi , ma siamo anniluce avanti all'attuale generazione console. Plauso per la cura di alcune chicche finalmente presenti come la catarifrangenza delle iridi quando guardi gli occhi di una persona con la visuale notturna. Il che POTREBBE sembrare una cosa di poco conto, ma 1) di questi tempi non mi è sembrato di vedere nessuno farlo 2) visto il carattere horror e inquietante questo particolare aumenta di non poco il feeling. Se tutto questo non bastasse ricordo che è un indie: un indie che fa il culo a molte produzioni a tripla A. Poco importa se è realizzato da persone esperte, il budget ovviamente non è lo stesso! Questo è un tipico esempio che se le cose si sanno fare non servono milioni.
    Dal punto di vista del feeling, ossia quanto Outlast è horror? ti spaventa. Ho un nutrito campionario di giocatori che ho potuto veder giocare Outlast e devo dire con convinzione che questo gioco fa paura. Punto. Cito per esempio il conte Aku, che in una sezione di gioco a casa mia ha fatto i suoi bei saltoni sulla sedia. E come lui molti. La paura è ad ogni angolo, perchè non sai cosa aspettarti: passi vicino a un pazzo... ti attaccherà? no? se prendo la chiave a quel cadavere si muoverà? Tutto funziona perfettamente per costruire tensione e dare quella sensazione di "ho troppa paura, ma voglio andare avanti per scoprire cosa succede". Questo deve essere un gioco horror, non le stupidate di zombie messi alla rinfusa senza capo né coda. Volgare? Grottesco tanto da essere caricaturale? No,direi anzi tutto molto funzionale. Il gioco rievoca da questo punto di vista mostri sacri come Phantasmagoria (andate a vedere cos'era.. e ditemi se lo trovate più "leggero" di Outlast), tutta la violenza che c'è è assolutamente giustificata nel contesto. Qui non stiamo investendo prostitute perché ci va, qui non stiamo pisciando addosso alla gente perché possiamo farlo (esempi di gta e postal,giochi di reale cattivo gusto), qui tutta la violenza è concentrata in un'ospedale psichiatrico ormai in mano ai pazienti , i quali sono ex militari. Anche chi non ci ha giocato cosa si aspettava di trovare?
    Trama: cercherò di non spoilerare nulla, chiedo un po di elasticità in chimi legge. La trama secondo me è ben congeniata : Sei un reporter, entri in un manicomio criminale attirato dallo scoop della vita, ti accorgi subito di aver fatto una grossa cazzata, vuoi uscire, cerchi di uscire , ma ormai non puoi. E fin qui piattume banale,ok.Qui io mi son detto: "sarà il solito plot dove i soliti scienziati hanno fatto incazzare qualche divinità simil-chtulu"... scoprire che non era cosi, ma anzi che la trama cercava di farti supporre quello per poi rimangiarsi tutto fino alla fine , caspita... ottimo spunto!

    RispondiElimina
  4. Gameplay: Riuscito per una serie di concatenazioni. Tu sei un giornalista, puoi tirare dritto senza girare nelle varie stanze, ma non scoprirai la trama... sei costretto a girare se vuoi veramente scoprire cosa sta succedendo e non solo ! sei costretto a filmare tutto quanto (solo filmando puoi recuperare le note con i pensieri del protagonista) , ma l'effetto telecamera rende tutto ancora più inquietante... ancora più pauroso.
    Finalmente il nostro personaggio può saltare gli oggetti se inseguito e alleluja può addirittura girarsi mentre corre per vedere se è inseguito (no davvero... ci voleva un genio per implementare sta cosa?). Il fatto che i pazzi si dividano in 3 categorie tra cui quelli che non vedono al buio , quelli che vedono poco al buio e quelli che hanno visione completa anche nell'oscurità, rende la sfida sempre nuova. Difficoltà? Il povero Aku s'è fatto almeno una mezza dozzina di volte la scena dello scantinato e non mi sembra un giocatore scarso (salvo poi venire pugnalato da un png che per ovvi motivi chiameremo sig. pisello 1). L'unica pecca rimane troppa sicurezza nei nascondigli, cosa che mi avrebbe fatto piacere essere più randomica. Il gioco si completa in 5 ore giocando normalmente 8 se si cercano tutti i documenti (se non lo fate non capirete la trama), durata assai maggiore di Amnesia AMFP (finibile in 4) o un qualsiasi cod.

    Era dai tempi del primo Amnesia che non giocavo un horror cosi ben fatto (soprattutto contrapposto alla delusione per AMFP gioco scialbo e inutile).

    Promosso a pieni voti

    RispondiElimina
  5. Ciao carissimo. Fà' piacere vedere contributi ricchi ed articolati come il tuo perchè son quelli che più fanno bene al blog ed al suo spirito indirizzato al confronto tra scuole di pensiero diverse e contrapposte.

    Detto questo, qualora avessi in futuro altri pensieri lunghi ed articolati da voler organizzare in forma un attimino ordinata (o anche se volessi rielaborare/ordinare quelli già espressi), non esitare a mandarceli per e-mail, così finalmente apriamo questa sezione dedicata al pensiero dei lettori a fare da contraltare agli In-depth di noi autori.

    Venendo all'articolo in questione devo ahimè supporre tu non abbia letto troppo attentamente perchè altrimenti ti saresti accorto che...
    A) non sono lo stesso autore di Dead Space 3, per cui l'accostamento non ha ragione d'essere date le non risibili differenze che sovente intercorrono tra il mio pensiero e quello di Gladiatore;
    B) Il comparto tecnico non è stato in alcun modo in alcun modo attaccato, anzi, tutto ciò che concerne le ambientazioni ed il sonoro sia in termini tecnici che artistici è stato a più riprese elogiato;
    C)Il comparto tecnico non è per me determinante nella valutazione di un gioco, altrimenti Lone Survivor che è fatto con 2 pixel in croce non sarebbe il mio survival horror preferito dell'ultimo lustro come ho volutamente lasciato trapelare in questo articolo...

    Venendo al gioco, la paura è una cosa troppo soggettiva per assurgere a parametro decisivo per la valutazione del gioco. Mi limito a prendere atto del game design che sorregge sto gioco, delle sue meccaniche, e non posso constatare quanto siano pieno di elementi game breaking, di agevolazioni e di aspetti poco approfonditi che ne fanno un survival piatto, estremamente semplicistico e troppo spesso solo abbozzato negli sviluppi pur partendo da alcune buone idee di base. Troppo poco punitivo e perciò poco survival.
    Nello scantinato il gioco funziona ancora e spaventa perchè il giocatore deve ancora scoprirne il nucleo meccanico, del resto è la prima vera situazione stealth che ci si trova ad affrontare, ma stressato il giocattolo, tirate un pò le meccaniche, le magagne vengono fuori e quella che prima era paura ed impotenza diventa un cheating legalizzato.
    I jump scares poi son troppo abusati da sto gioco.

    Sulla faccenda narrazione, son contento che il gioco ti abbia convinto, ma nel mio caso non posso dire di aver apprezzato la deriva da sci-fi trashona e come è stata messa in scena in quel modo. File di testo ne ho raccolto tantissimi, e la ricostruzione del tutto comunque non mi convince, per quella che è la materia chiamata in causa il tenore del tutto doveva essere ben maggiore, invece pare tutto molto fine a sè stesso e decisamente poco aperto ad ultronei livelli di lettura.
    A mio modo di vedere se Outlast è un gioco "scritto bene", Silent Hill 2 al confronto è un vg scritto a 4 mani da Kubrik e Lynch, e pure Lone Survivor o Deadly Premonition son lavori dalla stratificazione narrativa ben più profonda.

    La violenza grafica la vedo assolutamente come gratuita alla luce del fatto che altri giochi, col semplice non detto, col semplice non mostrato/esplicitato, col semplice rimesso all'interpretazione del giocatore, sanno inquietare e scuotere più nel profondo il giocatore di quanto non faccia Outlast coi suoi mezzucci.

    La paura in Outlast finisce alla fine del salto dalla sedia, finisce appena il gioco si prende una pausa dall'inondare la retina di violenza. Semplicemente non ci sono spunti e livelli di lettura ulteriori per disturbare il giocatore anche a gioco spento. L'incubo nasce e muore nel momento esatto in cui si consuma e l'orrore non ce lo si porta dietro perchè rimane una suggestione di superficie, non radicata e radicabile nell'animo del giocatore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh hai ragione, non mi ero accorto che l'autore era diverso, perchè era firmato "gamer may cry", ho letto solo dopo il post che era un'altro . Errore mio.
      Per quanto riguarda gameplay e narrazione , come ho già detto nel mio precedente post, porto non solo la mia esperienza, ma quella di molti giocatori. Outlast riesce a spaventare ed è quello che deve fare. Nel mio personale caso la cosa è stata anche accentuata dall'aver giocato prima Amnesia AMFP che è stata una completa delusione. Trovarmi poi un gioco in grado di fare quello per cui è stato pensato mi ha fatto piacere. Per quanto riguarda la trama... è indubbio che vada a gusti. Avevo gia detto cosa pensavo della trama si SH (pur apprezzando tantissimo i SH , li adoro) , trovo che soffrano molto della pecca "mettiamo le cose e lasciamo che sia il giocatore a dare un senso".
      Rimango completamente in disaccordo per la violenza gratuita e per la fine della paura dopo gli spaventi improvvisi.

      Elimina
    2. Rispondo velocemente a 2 cose...

      -sì, purtroppo l'attribuzione dell'articolo a "gamer may cry" è stata una svista tecnica di cui ci siamo accorti quando ormai avevate commentato l'articolo ('mazza come siete stati veloci ^^), correggere avrebbe comportato una perdita dei vostri commenti e non ci sembrava rispettoso. abbiamo cercato di metterci una pezza con una firmina in calce all'articolo.

      -per la faccenda paura io conosco tanta altra gente (gamers attempati e redattori...) che all'ennesimo jump scare ha sbadigliato ed hanno concordato con la mia opinione, per cui se la mettiamo sulla mera statistica non se ne esce più...

      Per tutto il resto credo che certe incomprensioni nascono dalla mancata conoscenza della scuola di pensiero di chi scrive e delle prospettive predilette per inquadrare ed esaminare le cose...
      Forse sarebbe stata opportuno una pagina di presentazione dei singoli membri, ma nel frattempo, almeno a titolo personale potrei, ovviare con un post che chiarisca un pò certe mie metodologie di analisi... In particolare con riguardo al caso "Outlast"...

      Elimina

  6. Perdona la riflessione "kinghiana", ma spero di essere riuscito ad esprimere adeguatamente la mia posizione, la mia percezione del gioco ed i miei parametri valutativi, che mi impediscono di elogiare Outlast incondizionatamente, pur reputandolo un titolo più che sufficiente e senz'altro da testare per qualsiasi appassionato viste le tante cosucce ben messe a fuoco nel gioco, non ultimo l'essere più o meno riusciti a trasportare in gameplay, pur superficialmente, il feeling di certa produzione cinematografica.

    Non sò come la penserebbe Aku se avesse giocato il gioco fino alla fine e se avesse avuto il tempo necessario per stressarne le meccaniche in tutta tranquillità tra le sue mura domestiche... magari sarebbe concorde con te, magari no.
    Ad ogni modo sarebbe interessante una sua contro-analisi. Sì socio, ti sto lanciando un appello ^^
    Dicci la tua quando avrai modo di consumare il titolo in piena solitudine e con tutto il tempo necessario.

    RispondiElimina
  7. Con mio sommo dispiacere mi rendo conto che del genere hide & seek ho giocato praticamente solo i Penumbra e Amnesia. Cercherò di recuperare Siren e i Clock Tower prima o poi. E mi dispiace molto per Outlast, mi sembrava interessante. Ottimo in depth comunque, complimenti come al solito.

    RispondiElimina
  8. Beh, vedila così, sei comunque partito dalla odierna serie A ^^
    Grazie per i complimenti :*


    Vi svelo un retroscena. Amnesia è stato al ballottaggio con Outlast quasi fino alla seconda metà di ottobre, poi la scelta è caduta su quest'ultimo perchè più recente, perchè nuova IP e perchè per certi versi più peculiare nel game design con sto suo voler essere di facciata un hide & seek survival, cannando però su tutta la linea quegli accorgimenti che ci portano a parlare di survival nella maniera più compiuta.

    Comunque prima o poi dobbiamo parlare di Michigan: Report From Hell di Goichi Suda... Suda s'era inventato il gioco REC-style prima ancora che uscisse REC e che tutto sto filone cinematografico si riempisse di clonazzi.
    E poi Michigan era molto più pervasivo dal punto di vista delle interazioni nel tratteggiare il ruolo del giocatore-regista.

    RispondiElimina
Emoji
(y)
:)
:(
hihi
:-)
:D
=D
:-d
;(
;-(
@-)
:P
:o
:>)
(o)
:p
(p)
:-s
(m)
8-)
:-t
:-b
b-(
:-#
=p~
x-)
(k)