Da Irrational a Mercury Steam, passando per Santa Monica: il crollo dei tripla A

Il mercato delle produzioni AAA è inequivocabilmente in ginocchio. E fin qui nulla di nuovo, ce siamo accorti tutti e la chiusura di THQ lo scorso anno è stata solo la proverbiale punta dell'iceberg.

I grossi rischi d'impresa sostenuti per queste produzioni sovente non vengono ripagati, neppure al raggiungimento di qualche milione di copie piazzato. Anche qui nulla di nuovo.




Quello che a mio avviso inizia invece solo ora ad assumere dimensioni davvero considerevoli è, da un lato l'accanimento del popolo nerd contro certe produzioni gonfie di valori produttivi ma aride di sostanza giocabile, dall'altro l'inconciliabilità di questo sistema industriale con le più acclamate ed irrefrenabili menti del game design.


Ciò che ne consegue è un clima di costante tensione che non fa bene ai developers ed allo sviluppo dei videogames, un continuo mediare tra le esigenze del publisher, la necessità di veder ripagati gli investimenti ed il soddisfare le pretese del proprio game director, il tutto nella consapevolezza che al primo passo falso dei PR sarà rivolta nell'internet e pregiudizio diffuso sul lavoro in corso.

Non stupisce che uno come Cliff Bleszinski si sia volatilizzato da Epic prima di restar prigioniero del suo successo. Non stupisce che gente come Greg Zeschuk e Ray Muzyk abbia addirittura abbandonato l'industria.

A ribadire l'inadeguatezza di questo sistema ai tempi, al mercato, alle diverse circostanze confliggenti, tre casi, tutti risoltisi nell'arco dell'ultimo mese.

La fine di Irrational Games, la fine della software house che dato i natali a Bioshock. Cosa sia effettivamente accaduto durante lo sviluppo di Bioshock Infinite non lo sapremo probabilmente mai, ma mettendo assieme il materiale promozionale del gioco, le effettive risultanze del prodotto medesimo e le soffiate dei presunti insiders o developers in incognito su NeoGaf, è lecito supporre che la visione di Ken Levine fosse davvero problematica da attuare e che fino alla venuta di Rod Fergusson il progetto fosse in alto mare e con costi di sviluppo ormai esorbitanti per via del lungo periodo di incubazione. Per completare il gioco nel minor tempo possibile, consegnando al pubblico un qualcosa di comunque giocabile senza grossi rischi e controindicazioni, si è scelto di ancorare la storia di Levine e le monumentali locations allestite dai grafici Irrational alla formuletta del FPS corridoio mass market.

L'inganno sorprendentemente è pure riuscito: su metacritic non figura una review a Bioshock Infinite che non sia di categoria verde; il pubblico acclama pure e non potrebbe essere diversamente, del resto parliamo di un gioco indirizzato a quelli che giocano per le grandi storie e per l'atmosfera, al pubblico da forum che si fregia di schifare Call of Duty, magari senza averne mai approfondito uno, che perde di vista il contatto col reale in nome di preconfezionate posizioni snobiste, salvo poi non accorgersi di aver comprato sotto mentite spoglie esattamente il nucleo ludico di casa Activision o di incensare quella medesima filosofia di design in altri brand, Uncharted su tutti. A piangere la dipartita del game design di matrice Looking Glass i soliti scemi con troppi anni o con troppe ore ad FPS migliori sulle spalle.

Nonostante il grande inganno perpetrato, gli incassi realizzati non hanno evidentemente ripagato il publisher: Irrational dismessa, dipendenti da ricollocare in altre software house e Levine confinato con pochi fedeli a produzioni digital delivery per chissà quale clausola contrattuale che ne ha osteggiato il licenziamento immediato.

A sinistra Lord Cox, a destra Enric Alvarez
Connotati più o meno analoghi sta assumendo il caso Mercury Steam originato dallo sviluppo di Castlevania: Lords of Shadow 2.
Altra IP storica, altro grosso budget, altro dittatore, tale Enric Alvarez spalleggiato da un pur gonfio Dave Cox, sei mesi di ritardo sulla consegna ma nessun santo a rimettere assieme i cocci e perpetrare furbe operazioni di salvataggio. La risposta della stampa in questo caso è stata decisa ed impietosa, quella del pubblico è tutta da verificare nelle future weekly charts.
Noi di Gamer May Cry lo stiamo giocando... Se la metà delle cose emerse sul suo sviluppo fosse vera sarebbe da reputarsi già un miracolo il fatto che il gioco sia approdato sul mercato con tale pulizia, almeno tecnica. Game design e tutto il resto viaggiano invece sul caotico andante ma ne parleremo in apposita sede.

L'easter egg contenuto in God of War Ascension riguardante
la nuova IP sci-fi cui Santa monica stava lavorando
Non vedrà invece mai luce il nuovo progetto di Sony Santa Monica. Dopo una generazione spesa a tenere in vita un God of War col fiato corto e a far da spalla tecnologica a praticamente tutte i team occidentali di casa Sony manco si trattasse della polacca delle pulizie, pareva finalmente arrivato il momento del rilancio creativo per questa stimata software house a mezzo di una IP che avrebbe visto, tra le altre cose, la collaborazione alla scrittura di Michael Angeli.
50 dipendenti a casa e IP cancellata, le cause sono al momento ben più fumose che negli altri due casi, ma la sostanza di fondo non cambia: grosso rischio di impresa sostenuto per lo sviluppo, poche prospettive di remunerazione per il prodotto risultante.




Alla luce dei fatti ripercorsi risulta evidente come il modello di sviluppo dei giochi ad altissimo budget sia ormai inconciliabile con direzioni forti, egocentriche ed autoritarie, il rischio è che per la megalomania del singolo, tutto uno staff si ritrovi a casa ed una società irrimediabilmente pregiudicata.
Dovessi avanzare un pronostico, il prossimo team a rischo è Kojima Production: quello che sta accadendo con Metal Gear Solid V è chiaro, il gioco è in sviluppo da tantissimo tempo, almeno da quel lontano 2011 in cui Hideo Kojima ha iniziato a teaserare con Fox Engine, bambini di colore in tenuta militare e dichiarazioni sul poi palesatosi Project Ogre. Un ciclo di sviluppo troppo lungo e verosimilmente troppo costoso che ha visto la necessità di commercializzare il prologo del gioco alla folle cifra di 40€ per iniziare a percepire entrate da questa gestazione ancora senza una chiara deadline.

Il risultato ultimo di questo lento ed apparentemente inesorabile processo disgregativo? Un'estrema polarizzazione dell'offerta. Da un lato produzioni costosissime ma che giocan sul sicuro, ancorandosi a soluzioni di design semplificate, fruibili da chiunque col minimo impegno e non necessariamente confezionate con la dovuta rifinitura; dall'altra la scena indie, solida, copiosa, tronfia, in grado di fagocitare e portare alle estreme conseguenze tutti i campi di applicazione del vg, dalla pura e genuina estrinsecazione della giocabilità arcade, al più raffinato esercizio di ludonarrativa, passando per il competitive online gaming.
E' una polarizzazione fisiologica nel corso esistenziale di ogni medium che presto o tardi si apre al mass market, ma la sensazione è che nel vg stia accadendo tutto troppo in fretta, troppo drasticamente, senza ideali via di mezzo, senza i corrispettivi videoludici di Scorsese e Tarantino ad occupare le classifiche, ma soprattutto lasciandosi dietro troppi danneggiati.

Ai videogiocatori una scelta: trincerarsi nel mondo de letame scatolato e continuare a percepire la scena digital delivery come un'offerta "minore", oppure abbracciare il mondo del game design artigianale, avulso dalle catene di montaggio decise a tavolino, avulso dai PR, dall'hype preconfezionato, dagli sponsor e dagli score review prezzolati.
Che non significa privarsi dei tripla A ma semplicemente imparare a dissociare lo spessore di un'opera dai valori di produzione della stessa.

In mezzo a questo clima catastrofista una Nintendo trincerata nel suo mondo, ancora in grado di sfornare quintali di pregiato gameplay ma con la folle pretesa di esigere, oltre ai 60€ di software, un esborso pari almeno ad altri 200€ di console per ammettere alla fruizione di un platform, senza manco garantire, nel 2014, leaderboards e replay mode. Per inciso, Dustforce costa meno di 10€ e consta delle features suddette. Alla faccia dei production values...

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8 Commenti

  1. Castlevania 2 ti ha proprio distrutto psicologicamente :D
    Stiamo in bruttissime acque quindi?
    Lo sapevo io che a furia di volere sempre di più dai videogame si sarebbe creato questo buco di guadagni enormi.
    E queste collection già nei primissimi mesi di vita delle console non sono poi un buonissimo segno.

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  2. Io so una cosa: recentemente ho acquistato e provato dei titoli digital delivery (Psn ma vabbè su pc c'è l' ira di Dio) e sto trovandoo dei titoli tipo dustforce, strider (da verificare), guacamelee, robe carucce tipo blast factor, bloodrayne betrayal, che ,agari offrono 4-5 o in alcuni casi più ore di divertimento, di gameplay puro, di oserei dire 'sublimazione' dei concetti ludici senza passare per i soliti cliché, americanate e le scene preconfezionate da infilare ormai ovunque a prezzi così onesti (dusforce a 10euro dai) da farmi quasi pensare 'cavolo avrei dato volentieri qualcosa in più anche solo come finanziamento' (ma vabbè siamo italiani quindi queste son solo idee folli obviously xD). L'alternativa delle produzioni a budget infinitamente superiori?? Certo ha regalato capolavori (o comunque grandissi gioconi) come i primi due bioshock, the last of us, metal gear, ed è ovvio che immaginare un mondo senza queste garanzie non è proprio auspicabile. Però la situazione recentissima, mah magari sarà un caso (mmm non ne sono convinto) la vedo in declino come evidenzia l'articolo. Da un lato il panorama indie: spesso la rinascita e/o la riscoperta del gameplay vero, puro, arcade, con picchi artistici, a volte anche narrativi, artistici e di sonoro che però non dà quel senso di sicurezza e stabilità che ha un gioco da 70eurozzi al dayone fatto come cristo commanda (ce ne son stati tanti, ora forse il declino, chissà??? non ho console next-gen ma per ora non vedo capolavori immani, ma diamo tempo al tempo). Dall'altro lato giochi da 70 eurozzi che danno quella sicurezza in più, a livello tecnico sicuramente, e che possono essere gioconi da paura... però c'è il rischio (vedi Los2) che creino hype smisurati prima dell'uscita... e poi il tempo di spolparli per rilevare che peccano gravemente su alcuni aspetti e che potevano essere molto più grandiosi di quanto non siano effettivamente stati.
    In attesa della via di mezzo tra i due poli il mio consiglio è quello di non sottovalutare gli indie, perchè alcuni (ovviamente mica tutti eh, è naturale) offrono esperienze veramente più appaganti di giochi da 70 eurozzi, che fanno il culo su aspetti basilari e di puro game design e level design, o anche solo l' originalità e creatività che spesso si portano dietro, e in meno non hanno una mazza se non un livello tecnico ovviamente non alla pari. Fermo restando che i giochi high budget, se meritevoli, continuerò lo stesso a prenderli, però ecco non guardiamo al DD come il male incarnato, io pure la pensavo così tempo fa, ma la realtà dei fatti è ben diversa

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  3. Articolo interessante.
    Non condivido la chiusura: una netta divisione tra tripla A e indie del mercato. Come se non ci potesse essere niente tra un budget a sette zeri e un team di sette persone. O meglio, è così se guardi solo al mercato americano.
    In Giappone invece la fascia media e medio alta continua ad esistere ed a essere remunetariva: vedi From Software, Atlus, Platinum. Studi ed aziende medie che però hanno uno zoccolo duro di fans conquistato con la qualità dei prodotti più che con il marketing continuo. Tra l'altro i giapponesi sono rimasti gli unici che fanno un beta testing decente.
    Ma il discorso bug su mega produzioni con centinaia di assets nonostante sia OT meriterebbe di essere trattato.

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  4. Evidentemente mi sono espresso male o è passato un messaggio sbagliato.
    La zona grigia tra 7 persone e 7 zeri esiste eccome. E quella giapponese regala anche tantissime soddisfazioni come hai puntualmente osservato. Quello che sta riducendosi è il tripla A. E in capo ad esso (al tripla A) stanno sparendo quelle caratteristiche (sperimentalismo, ruolo pioneristico e nelle soluzioni ludiche e in quelle narrative) che un tempo eran prerogative del progetto ad alto budget ed alta forza lavoro, oggi appannaggio delle produzioni low budget. Da qui la scelta per l'utente di cui parlo nel finale, trincerarsi nel mondo del boxato e privarsi di certe cose, o vivere pienamente la scena indie con occhio sempre ben attento alle pur presenti mosche bianche tra le produzioni maggiori.

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  5. L'avvento delle nuove console non farà altro che esasperare questo problema. Chi si compra una console da 400 euro e poi gioca solo a indie che girerebbero anche su un portatile da quattro soldi?
    se era dispendioso programmare su ps360 figurarsi adesso.
    Poi io per necessità non posso fare a meno dello scatolato quindi prenderò quello che arriva

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  6. Perplesso. Mi dissocio dal pensiero the metaller, pur rispettandolo.
    Il concetto "indie migliore del AAA" non regge proprio per la natura dei prodotti stessi. Come ho detto tante volte gioco prevalentemente pc e, grazie a piattaforme come steam, ho accesso a moltissimi indie. Questo tipo di prodotto è perfetto per portare avanti un'idea o un concetto, ma non a completare un prodotto a tutto tondo. Prendiamo "grossi" esponenti del genere: stanley parable o journey. Nel primo abbiamo un bellissimo esperimento di meta narrazione, intelligente e intrigante. Nel secondo caso un'esperienza artistica commovente. Ma entrambi bastano, una volta terminata l'esperienza , a farceli rispolverare? No, nella stragrande maggioranza dei casi no (perciò , chiunque sia saltato in piedi dicendo "io io io li riaccendo" ..ecco bravo, risiediti). Prendiamo adesso uno dei massimi esponenti della categoria AAA, per esempio the last of us. Abbiamo solo un concetto a portarli avanti? no, proprio per natura della produzione abbiamo un gameplay accattivante ED una buona storia E una componente multy aggiuntiva ...et et et.... Insomma più parti che riescono , convivendo, a darmi un'esperienza più tonda.
    Poi, da bravi benpensanti, possiamo , magari usando voli pindarici tipici dei critici d'arte, soffermarci sul concetto , sull'espressività intrinseca e sulla volontà di esprimerla, salvo poi, nel nostro, salotto giocare la 30th incarnazione di un brand che si ripete da 25 anni , cambiando due o tre meccaniche , perché cosi "è tutto un 'altro gioco".
    A questo punto , scusatemi , mi trovo in obbligo a citare Fantozzi con il suo "La corazzata potemkin.... E' UNA CAGATA PAZZESCA". Allora come adesso dissacrare un mostro sacro di cui tutti i benpensanti parlavano bene per riempirsi di paroloni, è cosa buona e giusta. Prendiamo nintendo per esempio, una casa che ha fatto un buco nell'acqua grosso come il sedere di Giuliano Ferrara, (non lo dico io ma i dati di vendita ... http://thevideogamedebate.files.wordpress.com/2014/03/wii-u-xbox-one.gif ) e nonostante questo osiamo ancora dire all'ottava (ripeto per l'enfasi nel caso non sia chiaro, OTTAVA) incarnazione di mario kart (lo stesso identico gioco ... almeno su 3ds è portatile :|) che nintendo si staglia come baluardo di qualità e originalità? No ma proprio no... voi forse potrete accontentarvi di rigiocare gli stessi 5 brand da 25 anni, io no. Ecco perchè da giocatore voglio che le case ricerchino nuove vie e non idee abbozzate, e nemmeno concetti metafisici che mi facciano sentire il pisello più duro perchè "io ho capito la profondità di quest'aborto a 8 bit".
    Io voglio VIDEOGIOCARE.
    Io voglio divertirmi , meravigliarmi, gareggiare, mettermi alla prova, voglio staccar dalla realtà.
    Voglio che il videogioco per me sia la momentanea e volontaria sospensione dell'incredulità.

    Poi ognuno è ovviamente libero di dire "ma io con mario kart mi diverto e sogno!" , ma nel momento in cui manchi di oggettività in un approfondimento, ognuno allora è autorizzato a dire qualsiasi cosa. Anche che la coprofagia è una pratica buona e sana.
    IMHO

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  8. Guarda kine su alcune cose concordo pure, ma 3 appunti da fare

    1. Io non dico che indie > AAA in senso assoluto, dico che gli indie stanno facendo delle cose che le produzioni AAA hanno rinunciato a fare, ossia sperimentare a tutti i livelli (ludici, artistici, narrativi)... La grossa produzione di oggi non è ahimè quella di ieri, sono pochi gli AAA che osano, che offrono gameplay davvero spesso, che sperimentano a livello visivo, che raccontano qualcosa di diverso dai soliti clichè copia-incollati dal cinema hollywoodiano più puerile e commerciale... Idealmente parlando sono d'accordo con te, è molto più probabile che un AAA crei intrattenimento grandioso a tutti i livelli e sense of wonder, ma nei fatti son sempre prodotti di compromesso per via del rischio d'impresa che comportano.

    2. Beh, per forza che i Journey e gli Stanley non li rigiochi volentieri... Son praticamente dei STUPENDI non-giochi, assolutamente privi di vera giocabilità, ma gli indie mica son solo quelli... C'è tantissima roba piena di gameplay e rigiocabilissima, tra cui, per dirne uno, il best platform 2d degli ultimi anni (Super Meat Boy). Anzi direi che la scena indie oltre che un'oasi per i non-giochi narrativi è anche una felice terra di giocabilità e rigiocabilità arcade.
    E per inciso Journey di indie c'ha solo l'attitudine contenutistica visto che è un gioco costato soldi e fatto con un certo dispiego di mezzi e tecnologia (parliamo di manodopera da Sony Santa Monica...).

    3. Parlare di OGGETTIVITA' e poi dire che Nintendo fa lo stesso gioco da 25 anni è abbastanza riduttivo ed oggettivamente falso. In parte vale per qualche brand in stallo creativo ma per esempio non vale per il brand di punta Super Mario (i platform intendo)... Bros, Mario 64, Galaxy e 3D World son giochi diversissimi, più di quanto non lo siano nei fatti certe IP che di diverso hanno tra loro il nome e poc'altro.

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