RECENSIONE - Killzone: Shadow Fall - singleplayer

Cosa si può pensare della serie di Killzone? Molte cose, anche diametralmente opposte. Il primo episodio è nato in un clima di totale complesso di inferiorità da parte di Sony nei confronti di Microsoft, alla ricerca di quel famoso “Halo Killer” che avrebbe permesso a PS2 di ergersi come console assolutamente vittoriosa nei confronti della rivale. Ne uscì un gioco irrisolto e fortemente frainteso.



Un grande affresco di fantascienza bellica in chiave pseudo reale, lontano dalle atmosfere aliene di Halo e dotato di una sua personalità. Gameplay di trincea, appostamenti, grilletto da premere in modo ragionato, una serie di scenari meravigliosi, immersi in una pericolante realizzazione tecnica.
Un grande affresco di fantascienza bellica in chiave pseudo reale, lontano dalle atmosfere aliene di Halo e dotato di una sua personalità. Gameplay di trincea, appostamenti, grilletto da premere in modo ragionato, una serie di scenari meravigliosi, immersi in una pericolante realizzazione tecnica. Fu accolto con scetticismo e scherno, ingiustamente. Il gioco c’era, l’impostazione era buona e promettente, l’errore di Guerrilla fu quello di non aver rifinito al meglio il titolo, visto l’occhio fintamente esigente della critica generalizzata.


Killzone 2 è noto per le tristi vicende legate al target rendering, una piccola sciocchezza che ha permesso a Sony di pubblicizzare il suo titolo attraverso l’hype. K2 fu nuovamente un titolo controverso: impianto grafico di assoluta eccellenza (per quanto lontanissimo dal famoso filmato presentato all’E3), una filosofia che affondava ancora di più nella pesantezza di ritmo e progressione a mezzo realismo, spaccando in due l'opinione pubblica. Capolavoro della polemologia ludica o pachidermico affastellamento di scadenti linee concettuali? In altre parole, a che serve la migliore resa visiva possibile se alla fine si tratta di sparare a bidoni rossi in mezzo al grigio imperante? Anche in questo caso, il risultato finale è incerto.
Che dire di Killzone 3? Forse tutto il peggio possibile, visto che fa di tutto per offrire una mazzetta di benevolenza all’utenza rincoglionita dagli ultimi 5 anni di CoD. Level design semplificato e lineare, una estremizzazione fumettistica di protagonisti, personaggi e nemici, corto, facile e prostituito alla commercializzazione su larga scala. Ancora una volta si cambia, ancora una volta Killzone può essere tutto e niente. Si annusa l’aria e si cambia in corsa.

Adesso siamo su PS4 e Sony utilizza il suo camaleontico e ruffiano franchise per promuove la nuova console. Cambiando nuovamente ma, per anticipare il finale, il risultato è apprezzabile. Credo che come titolo di lancio ci sia veramente poco di cui lamentarsi. Naturalmente è d’obbligo l’immersione a Difficile, visto che a Normale il gioco non offre il meglio di sé in termini di sfida globale.

Dal punto di vista tecnico hanno fatto un ottimo lavoro considerando come direttiva il potenziamento di un lavoro già sedimentato in precedenza. Killzone: Shadow Fall fa percepire la next-generation in spazi aperti e grazie al colpo d’occhio. Occasionalmente il senso di vertigine e di profondità satura l’occhio con decine e decine di particolari che ti fanno rimanere per venti minuti ad armeggiare con la telecamera su e giù.
Il retaggio di PS3 si vede e non si può negare. Si trova in texture non ancora all’altezza, in particolari poco rifiniti ai confini del campo di gioco, si percepisce in molte immagini eccessivamente sporcate da contorni non sempre impeccabili. E le magagne escono fuori negli spazi stretti: indugiare sul dettaglio ravvicinato può spezzare l’illusione che una nuova generazione sia iniziata.
Però ripeto, erano anni che una console al lancio non aveva un titolo così convincente, determinati effetti valgono da soli il prezzo del biglietto, è incredibile come a ogni cambio di generazione si percepisca come possibile tutto quello che prima era solo abbozzato. Una discutibile patch sembra aver messo a posto il framerate, adesso ancorato saldamente sui 30 fps previa scelta nelle opzioni, al prezzo di un’immagine molto meno nitida. Al giocatore la scelta: stuttering con immagini stagliate o granitica tenuta ma impastata? Sono cose brutte, la nuova generazione inizia con l’opzione dei difetti…

La serie di Killzone riesce a cambiare tipologia di gameplay ad ogni nuova uscita e stavolta non si fa eccezione. La sensazione dominante è quella di una filosofia diametralmente opposta a quella di Halo, KSF regala alti momenti di giocabilità su scala medio-piccola, come se si trattasse di una continua guerriglia personale all’interno di uno scenario apocalittico che fa da sfondo senza essere un momento realmente caratterizzante del gioco. Scandito, ragionato, progressivo. Nessuna grande battaglia, nessuna scena madre da risolvere a colpi di fucile, solo tanti episodi dislocati che possono andare dalla scaramuccia tra pini su erte rocciose al disimpegno bellico tra strade di città mentre si tenta una fuga. 
Si tratta di un’epica guerriera degli invisibili, il titolo non è l’ennesimo CoD, si avvicina più a un Crysis con meno esigenze di complessità. E’ un gioco su piccola scala che, proprio in virtù di questo, avrebbe beneficiato di un lavoro più rigoroso in materia di intelligenza artificiale. 
Il singolo scontro è spesso insoddisfacente, seppur all’interno di un contesto di gioco favorevole all’approccio stealth, per trovare senso ai numerosi strumenti bellici in dotazione al giocatore bisogna attendere l’arrivo di un robusto numero di nemici. In quel caso pianificazione e esecuzione diventano indispensabili e il tutto diventa subito pregevole. Intendiamoci, nulla di particolarmente scandaloso o inaccettabile, la chimera dell’intelligenza artificiale è spesso smentita dalla stupidità a cui assistiamo tutti i giorni in contesti reali e non tiene conto dell’eventuale sciocchezza congenita del giocatore. 
L’intelligenza artificiale è scienza del verosimile e niente altro. Che un avversario realmente intelligente con la perfezione esecutiva di una CPU è virtualmente imbattibile. La persona che guarda la mano e non la luna che indica è uno stolto? Non so, io dico che è meglio guardare a chi appartenga quella mano…

Nelle scorribande siamo accompagnati da diversi strumenti di indagine e di guerra, tra cui spicca un piccolo robottino multiuso. Fortunatamente le limitazioni del drone hanno permesso la salvaguardia del gameplay che, è il caso di dirlo, mischia i precedenti capitoli della serie in modo non del tutto armonico, come se i vari elementi del titolo fossero stati cambiati e tarati in corso d’opera. Come sempre, come al solito.
La reattività dei comandi e la velocità dei movimenti sono quelle del secondo capitolo ma senza offrire lo stesso avanzamento da guerra in trincea. Gli scenari offrono una buona movimentazione verticale e orizzontale che nelle intenzioni avrebbe dovuto offrire diversi approcci tattici ma spesso ci si ritrova con ambientazioni fintamente esplorabili buone come sfondo coerente ma non troppo utilizzabili in chiave ludica.
Il cavo è una grossa occasione persa.

C’è molta varietà assoluta come nel caso del terzo episodio ma fortunatamente meno impalpabile come attraversamento. 
La parte finale può essere un problema perché al giocatore è richiesto un comportamento arcade del tutto dissimile da quanto svolto nei primi livelli. 
Molta infiltrazione, sparatorie sincopate, atti eroici di periferia mentre in cielo infuria la guerra vera. 

La storia è quello che è, nel senso che rispetto al passato c’è meno personalizzazione e grandezza bellica, sembra quasi di assistere a un “Killzone Chronicles” furbescamente allestito per l’uscita della console. Oddio, non è un grande problema, dedicarsi al comparto ludico al posto di spezzoni narrativi improbabili non può che essere positivo, rimane qualche perplessità sulla coerenza di una storia che invece di definirsi butta lì elementi nuovi e mal armonizzati.

Insomma, il gioco è tutto alti e bassi di tecnica, grafica, gameplay, ritmo, talvolta in modo sorprendete e altre recando disappunto. Ho amato il primo, che considero un pelo sottovalutato, ho contestato il secondo perché non mi ha mai convinto appieno, ho giocato il terzo con disinteresse e quasi rimpiangendo il secondo. Questo è ancora un gioco diverso e imperfetto, visto che la serie non riesce a trovare la quadratura del cerchio come accaduto molto presto per Halo. E forse sarà sempre il suo limite. Ma come dicevo in apertura va benissimo così.

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