RECENSIONE - Alien Isolation

PC | PS4 | XBOX ONE | PS3 | XBOX 360
In questi mesi di rincorse esasperate, anteprime sdrucciolevoli, preview e confusionarie anticipazioni (che male hanno contribuito al successo del gioco) avrete sicuramente già letto filastrocche che vi raccontano di come un abbondante 80% dei videogiocatori e recensori italiani (e non solo) siano venuti a conoscenza del LV-426 e degli xenomorfi più famosi del cinema, anni, secoli, prima che questo gioco fosse anche solo lontanamente concepito.
Gamer May Cry, come sapete, è un modesto diario videoludico forgiato sulle gratificanti esperienze ludiche di decine di single player, lo sapete fin troppo bene, cari lettori, sapete anche che ci prendiamo il dovuto tempo per analizzare un titolo, incuranti, seppur pienamente consapevoli, di far passare mesi o persino anni in alcuni casi, prima di esporre una compilazione completa, perché il videogioco, qualunque cosa esso sia o qualunque cosa rappresenti, necessita un periodo di assimilazione (o incubazione in questo caso), prima di implodere dentro ognuno di noi. E spesso questo processo non accade nemmeno, non è matematica del resto.


Questo lo facciamo perché non abbiamo nessun tipo di legame con il giornalismo "adulto" dei videogiochi, che per ovvie motivazioni è vincolato al hic et sunt e deve sempre dimostrarsi attento ed aggiornato alle uscite e allo stesso modo non può permettersi di spingersi verso piccoli atolli incontaminati del videogioco, zone remote del pensiero che però a volte, forniscono chiavi di lettura azzardate e talvolta interessanti o perfino completamente inutili, ciò lo rettifico per onestà intellettuale. Alien Isolation ha avuto un destino bizzarro, costretto a condividere il palco orrorifico con un altro gioco che come lui, puntava su di una esperienza visceralmente horror, mi riferisco al gioco di Shinji Mikami e Tango GameWorks ovviamente, all'incompreso The Evil Within e forse per queste motivazioni non è stato supportato come meritava.

UNA MERAVIGLIOSA FAVOLA DI ORRORE SIDERALE

Alien ha sempre fatto parte della mia vita, a 37 anni me ne accorgo solo ora.
Alien fu il primo film che vidi al cinema, ma non ho traccia né memoria di quella visione, ero piccolo ed ero in balia di eventi che non dipendevano dalla mia volontà, di quella epoca remota e lontana, ricordo solo il cartone del Signore degli Anelli, da cui il famosissimo Peter Jackson rubò (o si ispirò, a vostra scelta...) praticamente per ogni visione estetica, ma aggiungendo alla fotografia e con dovuta arguzia, un filtro da "sovracopertina" da quaderno della terza elementare.
Come ho detto non ho ricordi di quella proiezione, non ne conservo nemmeno uno, non ho trattenuto un singolo fotogramma, una scena, non ne ho immagazzinato nemmeno un pallido ricordo. La mia infanzia proseguì senza intoppi, a parte una crescente curiosità per tutto quello che confinava nell'inusuale, nel grottesco, nell'oscuro, fino alle drammatiche conseguenze che potete facilmente constatare durante la lettura di questo A Latere e di molto altro.



Benché chiesi innumerevoli volte a mio padre e in svariate occasioni in cui ci perdevamo in ritratti della famiglia e passionali considerazioni sul cinema, quale perversa forma di sadismo lì avesse spinti a portare un pargolo al cinema, a vedere una indigeribile visone di quello che poi sarebbe diventato l'horror spaziale per antonomasia, non ebbi mai una risposta esauriente. Ancor oggi, quando si ricade in argomento, faccio incetta di strane risposte, che stridono con il mondo attuale internettaro, in cui le informazioni sono passate al setaccio, ma che suonavano pressappoco così: "Non sapevamo proprio chi fosse Ridley Scott ma un film di fantascienza, è un film di fantascienza"
Stupenda questa innocente frase. Quasi fosse, vedere un film di fantascienza, un incondizionato atto di amore verso il cinema a cui bisogna sottostare, a prescindere dai propri gusti.



Alien tornò molti anni dopo, a dire il vero, in una forma assolutamente inaspettata, mio padre la usava come favola della buonanotte per me ed i miei fratelli. Credeteci. Ciò confermerebbe, in linea di massima, che mio padre è effettivamente un sadico di proporzioni epiche, ma le apparenze talvolta ingannano. Non posso non specificare che la sua prosa fosse amorevole, attenta, meravigliosamente da bambini, ricca di dettagli ma assolutamente innocua. La Nostromo non faceva paura, era un luogo caldo e confortevole, sotto le coperte di panno, con lo schienale del letto tappezzato di figurine degli AstroRobot, Capitan Futuro e Ulisse.
Il suo racconto era prodigo di scene terrificanti, che ebbi poi modo di vedere ad una veneranda età, filtrate però attraverso una innocente esposizione, che rendeva ogni passo dentro la megalitica nave incagliata dello Space Jockey una avventura entusiasmante, ero preso per mano e non avevo paura.
Ad onor del vero, le condizioni e la qualità dell'indottrinamento subito, avrebbero dovuto rendermi un autentico fanatico dell'intramontabile creatura di Ridley Scott, eppure non lo diventai affatto, scansando per diversi anni la visione, non so per quale motivo ma avvenne questo, anzi credo persino di aver visto prima Aliens.

Direttamente dal mio passato remoto: la VHS originale

In un epoca come questa sarei sicuramente considerato un reietto, un eretico, un autentico pazzo, ma a quel tempo, beh, a quel tempo, c'era parecchia tolleranza. Tenete bene a mente, non si campava di questi aspetti frivoli, oggi si verrebbe passati alle armi sul posto se ci venisse in mente di giocare a Metal Gear Solid 2 prima di Metal Gear. Tempo addietro era concesso, ed era una cosa relativamente normale, nel cinema, quanto nei videogiochi, poteva accadere e a nessuno sarebbe venuta la febbre.
È fuor di dubbio che quando finalmente vidi questo film (sublime, perfetto, unico ...), una indimenticabile serata, una vhs "CBS FOX" rimasi senza parole, ancorché oggi non solo ne conservo un nitido ricordo ma conosco a memoria quasi ogni singola battuta della pellicola. Onore che concedo solo i film che mi entusiasmano maggiormente (ad esempio i film di J. Carpenter). Altri appassionati del più famoso xenomorfo del cinema, molti anni dopo, attraverso analisi mirate e saggi molto stuzzicanti, sapranno generare un autentico fiume di considerazioni, recensendo tutto il recensibile, dallo SNES al Megadrive e anche prima, prodigandosi in una A.A.A. (Autentica, Appassionata, Analisi) comparando ogni gioco, e scrivendo pagine di ludologia preziosissima.

Il libro di Marco Accordi Richards (alias Metalmark)
"Alien Terrore Interattivo" non dovrebbe mancare in ogni raccolta
di cultura videoludica che si rispetti 

Ecco perché questo [A Latere] è molto probabilmente la più autentica e genuina espressione di un giocatore e nient'altro che possiate trovare e leggere là fuori nello spazio del videoludo, dove tutti ti sentono urlare ma a nessuno, in sostanza, frega nulla. Dopo aver atteso per incalcolabili mesi, pazientemente, che gli ultimi aggiornamenti del gioco aggiustassero i filmati, che scattavano orribilmente, e rimediassero ad altre sviste di programmazione, che potevano minare seriamente l'avventura di Amanda Ripley, siamo finalmente approdati alla stazione spaziale Sevastopol pure noi, anzi ci siamo appena svegliati dai loculi criogenici bianco latte, ci siamo stiracchiati e ora ci vorrebbe proprio un buon caffè caldo e corposo, per riprendere contatto con i nostri sensi motori, assopiti da un sonno profondo e senza sogni di anni...e non solo figurativamente parlando.
Alien Isolation in questa pigra generazione videoludo-bucolica è un concentrato extrapotente di pura caffeina, iniettata direttamente nelle vene del miglior survival horror tòut court di questi ultimi 10 anni e ciò non solo lo confermo, ma se potessi, lo inciderei nella pietra; questo gioco spara nello spazio manicomi e gotiche novelle lovecraftiane con maestria assoluta e, davvero, non ce n'è per nessuno.



Non appena il portellone pressurizzato si apre, una calda zolfata di aria viziata ci investe, l'atmosfera è immota, stagnante, fredda, il gioco è la perfezione assoluta, la sintesi finale della paura sul piccolo e sul grande schermo, una esperienza necessaria ad ogni fan di Alien che si rispetti, anche perché è senza alcun dubbio il migliore capitolo della saga videoludica dedicata alla creatura xenomorfa.
Forse, lontanamente paragonabile a come doveva essere originariamente Alien Trilogy per Playstation/Saturn/MS-DOS, prima che Probe Entertainment eliminasse ogni aspetto spaventoso, per accontentare Fox e Acclaim Entertainment che volevano un prodotto di sicuro successo commerciale e che non facesse paura.


Ma in ogni caso, Alien Trilogy non divenne, per migliaia di motivazioni, quello che in effetti Alien Isolation incarna: assoluta purezza. Un superstite, un supertiste di un epoca che selezionava i giocatori attraverso una rigida etichetta, e che, per scelta, non si metteva alla portata di tutti. Perché è il gioco stesso ad attuare una scelta, selezionando accuratamente il suo pubblico e perché Isolation, come vedremo, non è affatto adatto a ogni videogiocatore. La selezione del resto è immediata, ogni giocatore che si affaccia su questo gioiello percepisce subito con cosa ha a che fare. E forse questo è di gran lunga il suo aspetto più grandioso e riuscito, nessun compromesso, nessun salvifico checkpoint, solo il buio, i condotti di ventilazione, e la visuale in prima persona.


Mettiamo subito nero su bianco quello che volete sapere, quello che sperate si riveli effettivamente una caratteristica del titolo più che un qualcosa di non meglio definito, che il titolo spera di raggiungere, e che in molti hanno messo nell'opinabilità (secondo me sbagliando di grosso), Alien Isolation fa paura. Assolutamente. Ne fa.
Se siete nati nell'epoca giusta Isolation sarà molto di più che un ottimo pseudo tie-in (anni che non usavo questo termine). Se d'altro canto, la premessa precedente, ammantata di follia e consunzione, vi è parsa la solita intro ad effetto, un' autentica carambola di parole e pensieri, scaturiti solo per farvi ingoiare la caramella, lasciate perdere il prodigo e prodigioso gioco di Creative Assembley, perché non comunicherà con voi, se non in rare, dirette occasioni. Il segnale sarà debole e crittografato, spesso lo perderete, maledicendo le interferenze esterne e tutto sommato, non avrete una buona ricezione, tanto che alla fine lo considerete solo un buon gioco e un ottimo sfruttamento del franchise e poco altro. Se invece avete già percepito dove vado a parare, beh sappiate che Alien Isolation è dannatamente convincente, sotto ogni punto di vista, comunque la vogliate mettere, tra un tempo incalcolabile passato in un armadietto o uno stipetto, rannicchiato sotto un tavolo, il giocatore a più riprese si chiederà se, in effetti, si sta divertendo o se sta prolungando qualcosa che, tutto sommato si configura in una esperienza lenta, difficile e spaventosa.


A questa domanda è difficile rispondere ma non è impossibile, Alien Isolation è un gioco controcorrente che stipula un accordo con il giocatore, stavolta costretto a sottostare alle leggi inflessibili e mai dimenticate dei survival horror: ripetizione, mnemonicità e tensione, e non c'è via di scampo da questa legge. Non possiamo combattere lo xenomorfo, possiamo solo scappare, nasconderci, o in alcune rare occasioni, intrappolarlo. La sensazione è di assoluta fedeltà alla prima pellicola, dove nelle battute finali la tensione riversata sullo spettatore era a dir poco oppressiva, e dove tra tutto quel fumo, lo spettatore era a fianco di Ripley e del suo micione (Jonz). 
La tolleranza all'errore o all'azione sconclusionata è minima, per non dire completamente assente dal titolo Creative Assembly che per la quarta volta (Spartan: Total Warrior, Viking: Battle For Asgard e StormRise) tenta una strada diversa dai famosi titoli gestionali e strategici che tanto l'hanno resa nota e apprezzata.



Ben prima di Tallion (Shadow of Mordor),ci stava Skarin
che in un gioco costruito in maniera assai simile
a quello del ramingo, se la vedeva contro orde di nemici in scenari
decisamente esaltanti e nordici.

Sbagliare in Alien Isolation comporta quasi sempre la morte, agire senza ragionare, senza attuare un preciso "piano" mentale, ci riporterà, dopo pochi secondi di loading, all'ultimo punto di salvataggio precedentemente sfruttato, cancellando ogni progresso della missione e rilasciando sul giocatore una patina di leggero sconforto che si amplifica con la complessità delle missioni, che spesso richiedono lunghe esplorazioni e diversi step, nei quali raccogliamo tessere magnetiche, chiavi e cifrari, password e molti altri oggetti.

C'è una precisa successione logica di obiettivi da compiere prima di interfacciarsi alla missione corrente, e questi obiettivi sono messi intelligentemente sotto pelle, direttamente nella matrice del gioco: bisogna necessariamente recuperare una mappa della zona circostante, tramite le apposite console disseminate sulla stazione spaziale, non solo per non procedere alla cieca ma anche per potersi muovere non relativa calma, senza incappare in porte chiuse o vicoli ciechi. Bisogna osservare attentamente l'ambiente, tenere bene a mente gli ingressi dei condotti di ventilazione, e quelle spaventose aperture nere sul soffitto, bocche che sembrano inghiottire la nostra Amanda, ogni volta che le superiamo per poi risputare fuori l'essere alle nostre spalle. Bisogna, infine, recuperare pezzi e componentistica disseminata nelle zone di gioco, per potersi avvalere di un'artigianeria specifica per superare le prove più difficili che può contemplare oggetti che risanano le forze fisiche, o ammennicoli che possono distrarre o creare preziosi diversivi utili a salvarci in situazioni disperate.
Tali passaggi ludici sono quasi obbligati, eppure il gioco si mostra completamente aperto ad ogni iniziativa del giocatore che può decidere liberamente come e dove procedere, naturalmente, a sue spese.


Amanda che cerca la madre, è nuovamente una scelta indovinata, emotivamente è un aspetto oculato che si ridisegna sul gameplay che andremo a stappare, esplorando avremo più possibilità di scoprire più cose sul conto di nostra madre, ciò si traduce in una appagante soluzione di continuità che spinge il giocatore non solo a nascondersi per salvarsi la pelle, ma a spingersi oltre i suoi timori, cercando anche preziose informazioni che possono svelare alcuni retroscena sulla misteriosa scomparsa della amata Ellen Ripley, la protagonista della saga sul grande schermo. L'entrata in scena dello xenomorfo più famoso del cinema, non è solo solenne, è come trovarsi dinnanzi ad un leviatano che emerge da un oceano di magma preistorico, è la paura designata, l'immoto oscillare dei pianeti che circondano Plutone e le stelle più remote ed inaccessibili. Incute autentico terrore trovarsi faccia a faccia con questo spilungone di oltre due metri e mezzo, senza occhi visibili eppure perfettamente in grado di localizzarci ed ucciderci in pochi, terribili istanti di lenta agonia audio-visiva.


Giusto due considerazioni sul leviatano: l'Alien è intelligente, scaltro e assolutamente pervicace, spietato nella caccia, veloce. Il giocatore viene sparato dentro una autentica battuta di caccia, alla quale non può sottrarsi, alla quale non può sfuggire e nella quale è preda disarmata. L'AI della creatura è semplicemente spiazzante e i percorsi elaborati, le finte e gli attacchi a sorpresa, non mancheranno, rendendo meravigliosamente insopportabile ogni area.
Fin dai primi minuti di gioco ci si accorge che la dilazione temporale di questo gioco è sublime, perfetta, gestita magistralmente. Il giocatore sa che a conti fatti dovrà vedersela con una sola singola intelligenza aliena, eppure la tensione avvolge ogni nostro passo, sempre più incerto, sempre più lento, mentre facciamo impazzire la levetta analogica cercando di fissare la visuale di Amanda, mentre dedichiamo ogni attenzione al bio-scanner ed ai movimenti che preoccupantemente segnala con il suo incessante ed insopportabile cicalio che in men che non si dica ci farà nascondere dentro un armadietto.

Questo è uno di quei momenti interminabili, in cui capiamo 
come si usa il bio-scanner e al contempo sappiamo che è "Game Over man, Game Over" 

Credo, in definitiva, che Alien Isolation sia un videogioco rivolto esclusivamente ad un determinato pubblico, un gioco mortale di caccia, un letale guardie e ladri siderale, dedicato ad una ristretta cerchia di giocatori che nel lontano 1989 non solo ebbe la fortuna di esserci al momento giusto, ma che conserva memoria e consapevolezza di quella visione spaventosa, trattenendo anche le vivide emozioni. Per tutti gli altri invece, Alien Isolation, è una esperienza videoludica a dir poco necessaria in questa geneazione videoludica.
I Creative Assembly hanno creato un autentico pilastro del survival-horror che si erige attualmente anche a miglior gioco di Alien in circolazione.

"Inutile mentirvi sulle vostre possibilità ma...

...Avete la mia solidarietà!"

Posta un commento

0 Commenti